1965-1966 Dall’Accademia alla Pop

Veronesi svegliatevi, uscite dai vostri lupanari, rinnovate le vostre energie embolizzate dalle eterne latebre del vostro cervello embolizzato di acme premente per erotici pasti inconsumati!

Leggete l’indicatore pluridirezionale di Veneri e vi vedrete il raptus morganico dei vostri sogni obnurati dall’oggetto-indicazione, che vi seduce e che vi si impone come guida in ogni luogo turistico, in ogni snack- bar, in ogni grill, in ogni esposizione di mobili, in ogni direzione di luogo e di strada “…..” e voi seguite la lunga mano senza rendervene conto come automi, come fessi, come ;;;; quello che siete.

La moderna icona dell’indice puntato vi opprime, vi induce, vi costringe – Non potete più permettervi di desiderare un cesso a vostro piacimento! – LA LUNGA GRANDE MANO VI GUIDA –

E Veneri sensibile a queste richieste ne ha fatto un mito, un cartellone, un manifesto, ingigantendola, capovolgendola, nel paradossp del mobile, i magnificati iniziali del contenuto, scusate volevo dire contesto.

Ma non basta, Veneri vi lascia lavorare, vi fa lavorare, non vi da l’esito bello e fatto dell’opera, sia essa un paesaggio con alberello, siepe e nuvola, bello di un colore bello come quello che vi piace adorare nei circhi, nei luna park, nei film americani, stupidi quanto sfacciati, esilaranti quanto luminose masturbazioni di pubblicità al neon che vi attira, vi turba nella notte, vi pesa sulla retina come immagine cinetica e vi convince vi fa piacere, vi fa gioire di quella gioia che vi da la libido delle cambiali da galopparci dietro, da inseguire, da scontare, e la vostra vita è questa primavere, che si dispiega nel campo da tennis!

– Sai Giangi ho sputato tanta biava da gettonavmi tve coche e svitavmi un Tom –

E a questa primavera fatta di colori stupidi come quelli dei fiori, di profumi stupidi come quelli dell’erba o degli ebrei usciti dal crematorio o allucinanti nevrotici come quelli delle concimaie fumanti alla brezza dell’alba o delle musiche yè-yè e altre boiate del genere, che fanno clima, riferimento, a questa primavera in scatola che deborda e vuole esplodere egli vi invita.

E in questa bella primavera, dove finalmentele grane sono guerre, vi immerge il suo esposto, forse, vorrei dire, fa di più perché in questa extra spazialità plastica, che oltrepassa la piatta indimensionalità del quadretto tradizionale, vi circonda di mostri (cosa straordinaria da vedere) e vi invita ad avere parte nella creazione, componendo, disponendo, scomponendo.

Prendetevelo quel “Giorgio Medail” che occhieggia nel cubo col suo profilo sfavillante, col suo ochhio spermatozoico e distribuitelo come volete! Fatevelo vostro con un vostro intervento diretto finalmente!

AH! E sia questa la volta buona per svegliarsi dal sonno dogmatico.

Testo scritto da E.M. Caserta in occasione della personale del marzo 1967 alla galleria “Studio N 66”