1968-1972 Performances Happening

 La “mostra-avvenimento” di Carlo Veneri pur presentandosi modesta rispetto  ad altre iniziative del genere come quantità e varietà di “materiali” e “procedimenti”, ci è parsa interessante – nel suo contenuto di ambiguità – per gli aspetti psicologici e talora metafisici cui fa riferimento.

Diciamo subito che non si tratta di “quadri”, né di oggetti che sia possibile vendere, consistendo – i lavori esposti – in minuscoli specchi d’acqua nei quali s’alzano pietre, pietruzze, sabbia, mucchietti di colore. Il procedimento, perché risulti vivo, deve essere vissuto dal pubblico nel momento in cui si attua; cioè il pubblico dovrebbe partecipare all’opera, anche con suggerimenti o esclamazioni, in una parola in modo attivo. Allora avviene – così affermano i profeti di codeste tecniche – un processo catartico, non solo dell’operatore, ma anche in che partecipi all’esperienza.

Quel che conta, in sé, non è la composizione finita, perciò, ma l’azione: l’atto puro, splendente di se stesso, slegato da qualsiasi motivazione, lucido. Atto che può introdurre (quando sia una particolare predisposizione in colui che lo pratica o in coloro che lo seguono) a uno stato di “chiarità” interiore, una sorta di trascendimento.

Qualche visitatore ieri annotava che si trattava di un “pasticciare da bambini”, e lo diceva rammaricandosi di non capire di più, senza accorgersi che nel dire quello aveva già i dati per capire a sufficienza. Si tratta, infatti, di azioni immotivate che si possono assimilare per la loro semplicità ad un gioco di bambini, ed è in tale caratteristica che si può reperire il “senso” che le ha determinate. Un senso di ribellione, di contestazione, ma non si contesta la pittura, semmai il mondo  La realtà fisica e la relativa coscienza che ci lega ad essa…

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Happening “La barca” del 20 dicembre 1969